La Stampa - A Nicosia l’incubo Atene “Giù le mani dai soldi”

Rinviato il voto sulla tassadi solidarietà. Banche chiusefino a giovedì

Per fare un paragone, è come se in Italia si trattasse di trovare in due giorni 2000 miliardi per salvare le banche. Per tappare un buco del sistema bancario da 17 miliardi - somma pari al prodotto interno lordo del paese, che vale lo 0,2% del Pil dell’Ue - Cipro ha ottenuto un piano da 10 miliardi ai partner europei, il problema è che quasi 6 miliardi verranno prelevati dai conti correnti bancari. Una mossa disperata che ha gettato l’isola di Afrodite nel marasma. E rischia di mettere in moto una nuova tempesta finanziaria in tutta Eurolandia. Noi italiani ci siamo già passati. Era la notte tra il 9 e il 10 luglio del 1992, quando l’allora presidente del Consiglio Giuliano Amato decretò un prelievo sui conti correnti bancari del 6 per mille. È facile immaginare lo shock che ha prodotto nella Repubblica di Cipro l’annuncio di un prelievo che arriva al 6,75% sui depositi fino a 100mila euro, e del 9,9% su quelli di consistenza superiore. In cambio, teoricamente, si riceveranno azioni delle banche salvate, a valere sui proventi futuri (ma ancora tutti da realizzare) dei giacimenti di gas da poco scoperti in mare. E già contesi dalla vicina Turchia. 

 

La misura - il «prelievo di solidarietà» - era stata ventilata e mille volte smentita nei giorni precedenti; così pare che tra mercoledì e venerdì siano stati prelevati 4,5 miliardi dai conti bancari. E in queste ore infuria la polemica: i giornali e la rete lanciano accuse verso personaggi vicini alla Presidenza della Repubblica e al governo. Avrebbero saputo prima del provvedimento, mettendo in salvo i loro patrimoni. Non sarà vero ma è verosimile. Per tutti gli altri non c’è stato nulla da fare: anche se sabato e domenica in tantissimi si sono messi in fila ai bancomat per sottrarre al «prelievo di solidarietà» quanto più possibile, l’operazione si è rivelata inutile. Il governo ha fatto sapere che il prelievo sarà calcolato sulle somme depositate alla mezzanotte di venerdì. Nel weekend e ieri (giornata festiva per la fede ortodossa, primo giorno di Quaresima) banche e uffici sono rimasti chiusi, anche se i bancomat erano stati «ricaricati». Tutti attendono con il fiato sospeso la riapertura delle banche, che al momento è rinviata a giovedì. 

 

Dopo la caduta del muro di Berlino Lefkosia (che in occidente chiamiamo Nicosia) è l’unica capitale del pianeta divisa in due. La città e l’isola di Cipro continuano a essere divise tra uno stato membro dell’Unione europea e dell’eurozona (anche se irrimediabilmente mediterraneo e in collasso finanziario) e la Repubblica turco cipriota del nord, riconosciuta solo dalla Turchia.  

 

Per anni al Nord si stentava, vivacchiando dei magri aiuti finanziari erogati da Ankara; al Sud invece si è sviluppata una potente economia basata sulla finanza. «Merito» del collasso del Libano, che travolto dalle guerre e dalle tensioni ha ceduto a Cipro il ruolo di magnete di tutti gli affari (leciti e, soprattutto, illeciti come il riciclaggio). Dopo la fine dell’Unione Sovietica Cipro è diventata sempre più un centro dove i nuovi ricchi russi (soprattutto i possessori di ricchezze di provenienza dubbia) depositavano i loro soldi. Secondo le stime di «Forbes», sui 170 miliardi di asset e i 70 miliardi di depositi accumulati nelle banche cipriote, 19 miliardi sono di imprese russe; 12 sono risorse delle banche russe; gli investitori privati detengono dagli 8 ai 35 miliardi. Si comprende la rabbia espressa ieri da Vladimir Putin per quella che in larga parte è una «tassa sui russi». Il guaio è che molti di questi depositi sono stati investiti dalle banche cipriote nei posti sbagliati. Come i titoli del debito greco, che hanno aperto voragini nei conti delle banche dell’isola.  

 

Il governo conservatore di Nicos Anastasiadis, privo di maggioranza parlamentare anche se uscito vincitore dalle elezioni del 23 febbraio scorso, ha dovuto chiedere aiuto all’Europa. Che lo ha concesso. A condizioni draconiane. Aspettando la riapertura delle banche, in queste ore a Nicosia il governo cerca di trovare una maggioranza per far approvare dal Parlamento l’impopolarissimo provvedimento, che comprende anche un aumento della tassa sulle imprese, finora bassissima. Il voto viene rinviato in continuazione nella speranza di rendere più digeribile la stangata: si parla di esentare dal prelievo i conti sotto i 20mila euro, o comunque renderlo più progressivo abbassando l’aliquota per i «meno ricchi» e alzandola per i ricchissimi. Ma c’è il timore il combinato disposto del crack bancario e del prelievo rappresenti il colpo di grazia per il fu miracolo economico cipriota. «Sono i tedeschi che, per ragioni di concorrenza, che ci hanno imposto tutto questo - dicono nei caffè del centro - come piazza finanziaria ormai siamo finiti». Si rischia la fuga dei capitali. Ma la vera paura è quella di fare la fina della vicina Grecia: sacrifici e stangate a ripetizione e sempre più drastici. Ma sempre più inutili.  

 

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